Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:
uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
una croce astile a un braccio traverso (per identificare il grado della dignità vescovile) in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero.
Nel nostro caso si è scelto uno scudo “bucranico”, frequentemente usato anche in araldica ecclesiastica e una croce astile in oro, con cinque gemme rosse per indicare le piaghe di Cristo.
Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo del Vescovo Di Cerbo
“Interzato in fascia: nel 1° d’azzurro, alla stella (7) d’oro; nel 2° d’argento, al cervo brucante al naturale; nel 3° di verde, al monte all’italiana di tre colli d’oro, movente dalla punta”
Il motto: Fiducia mea est in te
Le parole del motto episcopale di Mons. Di Cerbo, prese dal salmo 30, sono le stesse che furono adottate dal compianto Mons. Plinio Pascoli, insigne e carismatico rettore del Seminario Romano, scomparso nel 1999, al momento della sua elezione a Vescovo Ausiliare di Roma nel 1966. Mons. Pascoli scelse questo motto a motivo della sua grande devozione alla Madonna della Fiducia, celeste Patrona del Seminario di Roma.
Interpretazione
Il terzo superiore dello scudo è in azzurro, colore simbolo della incorruttibilità del cielo e quindi delle idealità che salgono verso l’alto; rappresenta il distacco dai valori terreni e l’ascesa dell’anima verso il Divino. Su tale simbologia della volta celeste campeggia la stella, simbolo di Maria, la “Stella matutina” delle litanie lauretane; dall’alto, la luce della stella guida il cammino pastorale del Vescovo che affida alla materna protezione della Madonna la sua nuova missione di guida della Diocesi di Alife-Caiazzo. La stella è in oro, metallo più nobile, simbolo quindi della prima Virtù, la Fede ; infatti, è grazie alla Fede che possiamo comprendere compiutamente il forte ausilio della intercessione di Maria presso Nostro Signore Gesù Cristo.
L’argento, che occupa la parte centrale dello scudo, è il simbolo della trasparenza, quindi della Verità e della Giustizia, doti indispensabili a sostegno dello zelo pastorale del Vescovo, mentre il cervo qui rappresentato assume un duplice significato: il primo è di rendere lo stemma “parlante” (o “agalmonico”) in quanto tale figura richiama il cognome di Mons. Di Cerbo e il secondo di ricordare il periodo in cui Don Valentino fu Rettore della Basilica di Sant’Eustachio in Roma, sulla cui sommità appare una testa di cervo in pietra come riferimento alla visione a cui avrebbe assistito sant’Eustachio, (il cui nome prima della conversione, ai tempi dell’imperatore Adriano – I secolo d.C. – era Placido), durante una battuta di caccia al cervo e che fu all’origine, appunto, della sua conversione al cristianesimo.
Infine, in basso, abbiamo la raffigurazione dei monti, in foggia araldica, per ricordare l’orografia di Frasso Telesino, paese di origine di Mons. Valentino; essi si stagliano su di uno sfondo verde che assume qui il significato del pascolo, in analogia con la figura del cervo, richiamando quindi il Salmo 23: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce..”.