“Quando ci sono attività che valorizzano le qualità delle persone, siamo di fronte ad un forte momento formativo e ri-formativo. Ho colto la loro capacità di immergersi in un’esperienza che non avrebbero mai immaginato di vivere ma che ha donato a queste persone emozioni mai provate facendo altre cose…”. Queste le parole pronunciate dal vescovo Giacomo Cirulli in una location speciale, quello del Carcere di Carinola, dove giovedì 14 dicembre undici detenuti hanno portato in scena “Francesca da Rimini. Bizzarria comica scritta e stravesata del signor Antonio Petito” alla presenza di rappresentanti di istituzioni e associazioni, delle figure professionali che prestano servizio in questo luogo, del dottor Carlo Brunetti, direttore della Casa Circondariale, del comandante della Polizia Penitenziaria Attilio Napolitano.
Lo spettacolo è il risultato del laboratorio “Teatro in Carcere” curato dal 2004 dagli educatori volontari Gianni Maliziano e Filippo Ianniello e negli ultimi due anni sostenuto economicamente dal Rotary Club di Sessa Aurunca. Raffaele Smarrazzo, Ciro Cerbero, Salvatore Buonomo, Antonio Luongo, Vincenzo Fioretti, Giovanni Russarollo, Carmine De Tommaso, Salvatore Polverino, Pasquale Di Micco, Ciro De Marino, Pasquale Politelli sono stati i protagonisti di un’esperienza di “ritrovata libertà”, prendendo a prestito le parole di mons. Cirulli, un’esperienza che, al di là dell’aspetto puramente tecnico del lavoro coltivato nei mesi, rende possibile a chi si è messo in gioco di ri-conoscere le proprie emozioni ed esprimerle, di comunicare e suscitare reazioni nel pubblico che li ha applauditi.
Sentirsi liberi dietro le sbarre di un carcere, liberi più di altri uomini irrigiditi in un quotidiano insapore e incolore, privo cioè di quelle emozioni che traducono l’essenza dell’Umano: questo è il potere del teatro.
Mons. Giacomo Cirulli è tornato presso la Casa Circondariale di Carinola anche mercoledì 20 dicembre per celebrare la Santa Messa ed eccezionalmente visitare alcuni reparti: una nuova occasione per incontrare, dialogare, ascoltare quei fratelli che in un luogo di sofferenza fanno i conti con se stessi tra il tentativo di ricostruirsi una vita, il sogno di poter concretamente realizzare un domani diverso dal loro passato e da questo presente fatto di solitudine, privazioni, umiliazioni. La presenza del Vescovo che spesso ritorna in questo luogo, è stata nuovamente accolta come un segno di vicinanza, di conforto che – come promesso a molti di loro – tornerà senza far mancare l’attimo di una parola che solleva e di una paternità che consola.