Prima della Celebrazione e dell’accoglienza a Mons. Orazio Francesco Piazza, Amministratore Apostolico di Alife-Caiazzo, il Vescovo Valentino ha salutato gli amici che hanno voluto esprimere affetto e gratitudine per gli anni trascorsi insieme
Madre e figlia, così ha definito la sua Diocesi Mons. Valentino Di Cerbo nelle parole commosse e sincere pronunciate in Cattedrale, ad Alife nella messa in cui si è congedato da Vescovo di Alife-Caiazzo consegnandola all’amico vescovo Mons. Orazio Francesco Piazza.
Lungo saluto, segnato dall’emozione personale su cui si è sintonizzata l’assemblea dei presenti: operatori pastorali, sacerdoti, fedeli da diverse parrocchie, autorità locali che sono tornati a cogliere nel messaggio del Vescovo Valentino (scarica il testo integrale) la passione di un prete senza sconti, nè mezze misure, coraggioso, innamorato del Vangelo, sollecitato dalla “fretta” di annunciarlo, portarlo, renderlo concreto e visibile, mai a passo lento.
Messaggio in cui si sono rincorsi sentimenti, ricordi, ma soprattutto – a chiare immagini – i piccoli traguardi di una Chiesa presa per mano 9 anni fa (era l’8 maggio 2010 quando ha fatto il suo ingresso in Diocesi) e condotta lentamente, con costanza e non senza fatica verso gli standard di normalità (così più volte da lui indicati) tradotti in molteplici e diverse esperienze: dal lavoro feriale e costante della Curia diocesana nel servizio reso a tutte le Parrocchie; alle necessarie “regole” di vita cristiana passate attraverso le Norme per l’Iniziazione cristiana; all’attenzione ininterrotta, soprattutto silenziosa e discreta, per i poveri, i disabili e le loro famiglie.
Il sinodo Diocesano – passando per la necessaria e urgente missione pastorale compiuta nei tre anni di Visita Pastorale alle 34 parrocchie – e la pubblicazione del Libro (maggio 2018) che ne sintetizza le riflessioni e i contenuti è la foto che più di tutte racconta oggi la Diocesi di Alife-Caiazzo.
“Nove anni fa, in un luminoso sabato di maggio ho iniziato il mio ministero episcopale a servizio di questa Chiesa. Oggi in un altro sabato di maggio mi congedo da questa Comunità diocesana che è stata madre e figlia del mio episcopato.
Mi è stata innanzitutto madre, perché mi ha insegnato a fare il vescovo: mi ha accolto con gioia e con affetto, mi ha sostenuto con la preghiera costante, mi ha dato splendidi esempi di santità sacerdotale e laicale, mi ha fatto capire cosa può fare un vescovo quando si appassiona come Gesù alla causa del Regno e quali danni può lasciare in eredità quando si fa contagiare da compromessi e logiche mondane.
È stata per me anche figlia da generare ad una rinnovata passione per il Vangelo, ad un maggiore servizio alla crescita del territorio, e soprattutto ad una normalità ecclesiale che le lunghe e dolorose vicende degli ultimi cinquanta/sessant’anni avevano fatto dimenticare, facendo prevalere piccole vanità, individualismi, pigrizie, ribellismi dozzinali e scarso senso di appartenenza ecclesiale e di comunione con il Vescovo”.
Forte, vicina, vera l’immagine scelta da Mons. Di Cerbo per dire lo stile del gran lavoro che ha coinvolto la “squadra” di collaboratori (sacerdoti e laici) ed operatori pastorali in questi anni in cui si sono innestati i doni e il sostegno di tanti che lungo la via hanno condiviso le scelte pastorali: quella “degli antichi agricoltori della nostra terra”.
Immagine di chi ha saputo cogliere l’identità di questo territorio, esaltando le sue sfumature più vere, quelle radici di saggezza su cui si innesta la vita di giovani e adulti sani e che si manifesta nelle tradizioni, nei costumi, nella genuinità e nella generosità della gente comune con cui Di Cerbo ha saputo dialogare, ha saputo amare.
“Non ci siamo lasciati affascinare dai fuochi di artificio e da iniziative che stupiscono per un momento, ma abbiamo preferito spezzarci la schiena piantando semi ogni giorno in un contatto feriale, paziente e amorevole con la gente e in una ricerca continua e condivisa del meglio. Abbiamo inoltre preferito alla esaltazione del Capo il gioco di squadra per mobilitare e allargare il numero dei protagonisti del servizio ecclesiale… Molti si sono coinvolti ed è stato bello constatare le tante fioriture spuntate dall’antico tronco della nostra Chiesa. Qualcuno ha continuato a ballare da solo divenendo “fico sterile”, diffusore di veleni e di tristezza. Ci dispiace veramente per lui!”
Parole al plurale, quelle del Vescovo Valentino, a confermare e sigillare il suo stile di Pastore fondato sulla necessità di condividere e costruire insieme, dove il confronto suo o dell’interlocutore che l’ha cercato, non è mai venuto meno.
Pensieri accompagnati anche dal dolore dei momenti più faticosi: “ho dimenticato tutto ed ho perdonato, sperando che alche altri abbiano perdonato i miei limiti e le mie mancanze. Di questa Chiesa mi rimangono il tanto bene ricevuto (…) l’entusiasmo di sognare insieme per progettare una Chiesa più bella, la voglia di ricominciare dopo ogni difficoltà…”.
Sguardo paterno e affettuoso ai Religiosi e alle Religiose della Diocesi, a tutte le Parrocchie, quelle più popolose e quelle piccole e lontane ma mai inferiori, nel suo cuore di padre, alle realtà più note e sponsorizzate.
Poi il pensiero al successore, il vescovo Franco a lui legato per le comuni origini sannite e per la condivisione di esperienze fraterne e pastorali; un passaggio di testimone che conferma la fiducia di Mons. Di Cerbo per questa terra: “ti posso assicurare che ti sorprenderà ogni giorno”.
“Caro Mons. Piazza, Carissimo don Franco, siamo amici da sempre e da molti anni seguo passo passo il tuo cammino di uomo, di prete e di vescovo. Benvenuto in questa bella Chiesa! Già ti conosce e ti apprezza, così come anche tu la conosci, ma ti posso assicurare che ti sorprenderà ogni giorno. Ti è stato affidato un compito difficile che prelude forse ad altri passi e prepara altri progetti. Mi auguro che la chiesa normale che ti consegno non viva questo momento nel segno della precarietà e della provvisorietà, ma, come Gesù, si metta con te ogni giorno nella mani del Padre per realizzare non i propri, ma i Suoi progetti, che sono sempre il bene più grande per tutti noi”.
Pastore in mezzo al gregge negli anni di servizio alla Chiesa di Alife-Caiazzo.
Ora lo guarda procedere, indietro di qualche passo, fissandolo e amandolo con lo sguardo della preghiera e continuando a sollecitare, alla maniera di sempre, severa o più tenera ma comunque con fermezza: “andiamo avanti!”.